Ungheria, il corteo dei filonazisti protetto dalla polizia: «Salis? Una terrorista»

DAL NOSTRO INVIATO BUDAPEST – Ma che belle personcine. «Il muro di Orban contro i migranti? Era meglio se ci metteva un campo minato». Spuntano dalla scalinata che conduce al belvedere, e si godono il poco sole sulle panchine. Uno sostiene di essere istruttore di body building, l’altro un teologo. Entrambi sulla cinquantina. In apparenza normali, pancetta e calvizie che avanzano. Vengono dalla provincia. Hanno indosso qualche croce uncinata più un teschio sulla spalla del giubbotto che li certifica come appartenenti alla Legio Hungaria, eppure non se ne curano. «Non siamo nazisti in senso stretto. Diciamo che se per nazista intendi essere fortemente nazionalista, contro la contaminazione della nostra razza, che va preservata da quella dei negri e arabi invasori, allora sì, non ci offendiamo a essere definiti come nazisti».

L’episodio storico

E questi sarebbero quelli moderati. Lo zoccolo duro della Giornata dell’onore, che ricorda la resistenza e il tentativo di sortita dal Castello di Buda delle truppe di Hitler e dei fascisti ungheresi suoi alleati contro l’avanzata dell’Armata rossa, e v iene celebrato ogni anno con una marcia sulle alture della capitale, solo in apparenza ambigua. Perché a starci dentro, è tutto chiaro. Certo, tra le quattromila persone che si sono date appuntamento davanti all’ex Archivio di Stato, sotto una delle bandiere più antiche d’Ungheria, ai piedi della quale per altro un gruppo di nazisti svizzeri piuttosto ostili verso i media deporrà una corona nera adornata da due SS di alloro, ci sono anche famigliole in tenuta da trekking, sicuramente non ignare del significato dell’adunata a cui stanno prendendo parte, ma comunque in abiti civili. E non mancano gruppi di appassionati di storia ungherese, padri di famiglia che alle feste comandate si mettono in mimetica con zaino comprensivo del kit di sopravvivenza, sognando di reincarnarsi nella versione magiara di Rambo. «Penso che ognuno abbia diritto alla propria ideologia, senza alcuna distinzione» spiega Attila, quarantasettenne insegnante di liceo. «La vostra Ilaria Salis invece crede nell’intimidazione fisica per sopprimere le idee altrui, e per questo deve essere punita con severità. Qui, io non ho mai incontrato dei neonazisti».

Gli skinhead

Al netto dei problemi di diottrie del buon Attila, al quale basterebbe voltarsi verso la panchina accanto alla sua per vedere due naziskin tedeschi con giubbotto bomber d’ordinanza, svastica nera impressa sul collo, aquile del terzo reich tatuate tra orecchie e fronti inutilmente spaziose: solo chi rifiuta l’evidenza dei fatti potrebbe negare che il tono della manifestazione è dato dalle centinaia e centinaia di nazisti di ogni foggia e nazionalità che si presentano all’appuntamento vestiti di tutto punto. Nella categoria dei negazionisti rientra il governo ungherese, che foraggia e di fatto legittima la manifestazione con una donazione annuale, ben sapendo che si tratta in realtà non di un evento podistico ma di uno specchietto per estremisti neri di tutta Europa. E vedere salire le rampe a tre amici abbigliati come Goering-Himmler-Borman, e poi a gruppi di ragazzi che scimmiottano le uniformi della Wermacht senza nascondere monili con la faccia di Hitler e croci uncinate, fa abbastanza impressione. «La aspettiamo» «Per la patria fino alla morte» è il grido collettivo che inaugura la scampagnata sulle colline. Pronti, partenza, via. Non prima di aver constatato come un altro filo che tiene assieme turisti del trekking, agnostici, chiamiamoli così, e nazisti dichiarati, ungheresi e tedeschi in prevalenza, ma pare vi fosse anche qualche skinhead veneto, sia la riprovazione verso l’antifascista italiana accusata di aver aggredito due partecipanti alla marcia dell’anno scorso. «Una terrorista» dicono il teologo e il culturista. «La aspettiamo fuori per regolare i conti» aggiunge un ragazzo tedesco o forse svizzero con chiodo e pantaloni di pelle nera da Hells Angels. «Il cognome dimostra chiaramente le sue origini» sogghigna uno vestito come Himmler, che forse non ha ben presente la differenza tra Sardegna e Israele. In confronto, il murale con Ilaria penzolante da una forca che «conferma i timori» del padre Roberto e induce il ministro degli Esteri Antonio Tajani e chiedere informazioni presso la nostra ambasciata, è Disneyland. Gli antifascisti Tutto questo accade all’interno del perimetro disegnato intorno al castello di Buda dallo schieramento della polizia ungherese, che in buona sostanza crea uno spazio libero filonazista e si frappone all’avanzata di uno sparuto gruppo di attivisti di sinistra, in prevalenza ungheresi, che risalgono la strada cantando «Siamo tutti antifascisti» in italiano. A ognuno di loro viene ordinato in modo perentorio di abbassare il bavaglio che copre il volto, di togliersi ogni orpello che rende difficile l’identificazione a mezzo videocamera. Alle centinaia di emuli di Hitler, la maggior parte dei quali coperti fino agli occhi da panni neri, non viene invece chiesto nulla. Se sei un nazionalista di vario ordine e genere, non hai nulla da temere. Se sei altro, prego esibire i documenti. È l’aria serena dell’Ungheria. Forse, dell’intero est europeo.

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