“Uscire con le amiche? Ti seppellirei viva”
di Paola Pagnanelli
“Tagliati le vene, così muori”. “Se nostra figlia decidesse di uccidersi, rispetteremo la sua scelta fingendo di non averla mai avuta”. “Uscire con le amiche? Ti seppellirei viva”. Questo avrebbe vissuto una ragazzina di origini nordafricane residente a Cingoli da parte dei genitori. Ora il padre e la madre sono sotto processo per maltrattamenti, per quanto sarebbe avvenuto dal 2018 al 2022. Diversi gli episodi denunciati dalla stessa ragazzina, che aveva chiesto aiuto alla psicologa della scuola. Secondo la giovane, la famiglia la faceva sentire inadeguata e non accettata, trattata senza alcun affetto e limitata in tutto – anche a forza di pugni – perché femmina. Così lei sarebbe arrivata a episodi di autolesionismo e a pensare di togliersi la vita. Quando aveva 13-14 anni, i genitori l’avrebbero mandata da sola solo a scuola e al supermercato, impedendole di vedere le amiche o di contattarle con i social. Vedendo le ferite che si era provocata sulle braccia, la madre le avrebbe risposto di tagliarsi le vene. Scoperto un tatuaggio temporaneo sullo sterno della figlia, il padre l’avrebbe presa a pugni in faccia. Le avrebbero vietato di andare dalla vicina, e quando lei una volta c’era andata per portare un dolce, il padre al rientro l’avrebbe schiaffeggiata. Se c’erano ospiti, lei non poteva uscire a giocare con i fratelli e i figli degli amici, e una volta avrebbe rimediato uno schiaffo dal padre per essersi sciolta i capelli. In terza media aveva chiesto di togliere il velo, e i genitori le avrebbero risposto che se lo avesse fatto non l’avrebbero più mandata a scuola. Qualche tempo dopo, di fronte alla stessa richiesta, le avrebbero risposto che le avrebbero sputato in faccia, e l’avrebbero chiusa in casa portandole il cibo come a un cane. Quando avevano scoperto che lei aveva un cellulare con una sim, che usava per chattare con un ragazzo in Marocco, le avevano tolto il telefono e cambiato tutte le password di accesso a mail e social. Una volta, alla sua richiesta di uscire con le amiche, il padre le avrebbe risposto che l’avrebbe seppellita viva. E quando infine la psicologa li aveva chiamati per dire che la ragazzina stava male, i genitori avrebbero reagito dicendo che se la figlia si fosse uccisa loro lo avrebbero accettato, e avrebbero finto che non fosse mai esistita. Ieri per loro, in udienza preliminare in tribunale a Macerata, l’avvocato Laura Mariani ha concordato un patteggiamento con il procuratore Giovanni Narbone, con un corso di rieducazione. Ma il giudice Giovanni Manzoni ha rilevato che i corsi sono collegati alle condanne e non ai patteggiamenti, e per chiarire questo aspetto ha rinviato l’udienza al 20 settembre.
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