Russia da domani in default tecnico (prima volta dal 1998): i due bond non pagati e cosa può succedere

Il conflitto militare, politico e diplomatico tra l’Occidente e la Russia di Putin sta per arricchirsi di un fronte finanziario di non minore portata. Termina domenica sera il «periodo di grazia» (durato un mese) per i mancati pagamenti di Mosca su cedole e bond in dollari e euro scaduti a maggio e non rimborsati dal Cremlino. Ciò significa che lunedì mattina, a meno di pagamenti repentini dell’ultima ora da parte di Mosca (finora non ci sono segnali in questo senso), la Russia sarebbe «tecnicamente» in default. In altre parole, per la prima volta dal 1998, Mosca sarebbe «inadempiente» nei confronti dei creditori. Sulle obbligazioni internazionali, addirittura, la Russia non registra un default dai tempi della Rivoluzione bolscevica più di un secolo fa.

Obbligazioni per 40 miliardi di dollari

A scatenare il nuovo default russo, sarebbero 100 milioni di dollari (di interessi) su due obbligazioni, una denominata in dollari e una in euro in scadenza nel 2026 e nel 2036. Mosca doveva pagare i due bond il 27 maggio, ma era stato concesso un «periodo di grazia» di 30 giorni che scade appunto nella notte del 26 giugno. La Russia ha in circolazione 40 miliardi di dollari in obbligazioni alla data dell’invasione dell’Ucraina, lo scorso 24 febbraio. L’attacco ha provocato profonde sanzioni che hanno di fatto tagliato fuori il Paese dal sistema finanziario globale e reso i suoi beni «inavvicinabili» per molti investitori. Il Cremlino ha ripetutamente affermato che non ci sono motivi validi per un default tecnico della Russia, ma che non è in grado di inviare denaro in valuta agli obbligazionisti a causa delle sanzioni e ha accusato l’Occidente di cercare di spingerla a un default artificiale.

Il default «simbolico»

Il default russo, in realtà, sarebbe in gran parte un evento «simbolico» con pochi effetti concreti sulla capacità di Putin di trovare finanziamenti: la Russia è un «paria» internazionale, cioè un paese emarginato, tagliato fuori dai circuiti del credito mondiale. E peraltro i ricchi proventi della vendita di gas e petrolio agli stessi paesi occidentali consentono a Putin di finanziare agevolmente la macchina della burocrazia russa e la guerra all’Ucraina. Per quanto simbolico, il default sarebbe comunque un duro colpo al prestigio della nazione. Il ministero delle Finanze russo ha dichiarato di aver effettuato i pagamenti al suo National Settlement Depository (NSD) in euro e dollari, aggiungendo di aver adempiuto agli obblighi contrattuali. Tuttavia, a causa delle sanzioni è improbabile che i fondi arrivino a molti detentori internazionali. Per molti obbligazionisti, il mancato ricevimento in tempo del denaro dovuto sui propri conti costituisce un inadempimento che porta al default e all’impossibilità di accedere a ulteriori fondo dall’estero prima di aver trovato una soluzione per i debiti inevasi.

Il blocco americano

Gli sforzi del Paese per evitare quello che sarebbe il suo primo default su obbligazioni internazionali dalla rivoluzione bolscevica di oltre un secolo fa, hanno incontrato un ostacolo insormontabile quando l’Office of Foreign Assets Control (Ofac) del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha di fatto bloccato Mosca dall’effettuare pagamenti a fine maggio. «Da marzo pensavamo che un default russo fosse probabilmente inevitabile, e la domanda era solo quando», ha dichiarato a Reuters Dennis Hranitzky, responsabile del contenzioso sovrano presso lo studio legale Quinn Emanuel. Il default è ormai alle porte».