DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — La conoscono come «la preside più severa d’Inghilterra»: Katharine Birbalsingh è un personaggio noto e controverso, non nuova alle polemiche — cui non si sottrae affatto — ma questa volta ha sollevato un polverone le cui ricadute rischiano di essere amplissime. Lei dirige con pugno di ferro la Michaela Community, una scuola in una delle periferie disagiate di Londra, dove la stragrande maggioranza degli allievi appartiene a minoranze etniche, molti non parlano inglese come prima ligua e uno su quattro proviene da famiglie sotto la soglia di povertà. Katharine ha imposto una disciplina inflessibile cha fa assomigliare la sua scuola più a un campo militare che a un istituto educativo: i telefonini sono banditi, agli allievi è comandato di camminare in silenzio nei corridoi, alla più piccola trasgressione si viene puniti con la detenzione solitaria. Eppure i risultati sono stupefacenti: gli allievi della Michaela battono a livello accademico molte delle più prestigiose scuole private e l’82% di loro riesce a entrare nelle università del Russell Group, il club degli atenei d’élite britannici. La Birbalsingh è diventa l’idolo della destra e lo spauracchio della sinistra, ma le famiglie fanno la coda per iscrivere i loro figli alla sua scuola, anche se la selezione — sulla base dei meriti individuali — è rigorosissima. Anche per questo, il governo aveva nominato la «preside di ferro» responsabile della task force per la mobilità sociale (incarico da cui poi si è dimessa). Adesso però una allieva ha trascinato la Birbalsingh di fronte all’Alta Corte per discriminazione religiosa. È successo che l’anno scorso una studentessa musulmana — la metà degli iscritti alla Michaela sono di fede islamica — si è messa a pregare durante l’intervallo, usando la sua giacca come tappetino: presto decine di altri studenti si sono uniti a lei e così alla fine la presiede ha deciso di bandire ogni forma di preghiera, citando il fatto che gli altri studenti si sentivano a disagio e sotto pressione. A quel punto le tensioni sono esplose: la Birbalsingh ha denunciato minacce di morte, intimidazioni, allarmi bomba e mattoni scagliati contro le finestre. Finché l’allieva all’origine del caso non ha denunciato la scuola per violazione della libertà religiosa e discriminazione dei musulmani.
Il problema è che le linee guida del governo in materia sono ambigue: le scuole non sono obbligate ad autorizzare le preghiere ma si mette in guardia da comportamenti discriminatori. La preside, dal canto suo, sostiene di avere il diritto di condurre una scuola laica e afferma che il multiculturalismo, il principio cui si ispira la Gran Bretagna, funziona quando «ogni gruppo fa dei sacrifici per il bene di tutti» e che non si possono lasciar sviluppare delle comunità separate. È un dibattito ben noto in altri Paesi, soprattutto in Francia, ma che finora la Gran Bretagna aveva evitato in nome della massima tolleranza. Ora la preside di ferro ha fatto saltare il coperchio.
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