DAI NOSTRI CORRISPONDENTI BERLINO-PARIGI — Il temuto ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha aperto una questione che l’Europa non ha mai voluto affrontare. Servono «armi nucleari autonome» all’Europa, ossia serve uno scudo atomico?
Se l’Europa non potrà più contare sulla Nato, o anche se si rischia di tornare alla situazione pre-Biden — quando Angela Merkel disse la famosa frase, «dobbiamo capire che non possiamo più contare come prima sull’amico americano» — fino a punto la Ue deve costruirsi da sola la propria deterrenza?
Non sono domande teoriche. Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius avverte che la Russia potrebbe attaccare in un arco di 5-8 anni. Il dispiegamento di truppe russe sui confini dei Paesi baltici è raddoppiato. E se Trump invita Putin a «prendersi quel che diavolo vuole in Europa», allora è ovvio che anche il tabù di una «bomba atomica europea» — che per tutto il dopoguerra era tale —, si sta incrinando. Quantomeno, in Germania e Francia.
«Discutiamo della bomba»
È stata la leader (la Spitzenkandidatin) della Spd alle europee, Katarina Barley, a sostenere in un’intervista al Tagesspiegel che le bombe atomiche dell’Ue potrebbero diventare «un tema». Ora, Barley fuori dalla Germania è poco nota, ma è la scelta del cancelliere per Bruxelles — e il cancelliere, come è noto, in Germania parla per ultimo, in modo da non essere più contraddetto — . È quindi improbabile che Barley non rispecchi il suo pensiero. Ma parla alla Bild anche l’avversario della Spd, Manfred Weber, capo del Partito Popolare Europeo. «La più grande promessa dell’Europa è che viviamo insieme in pace. Dobbiamo rinnovare questa promessa in questi tempi di svolta storica». L’Europa, ha aggiunto, comprese le potenze nucleari Francia e il non membro dell’Ue, il Regno Unito, deve diventare «militarmente così forte che nessuno voglia misurarsi con noi». Pertanto, ragiona Weber, all’Ue occorre un deterrente che comprenda le armi nucleari. E ha chiesto a Parigi di parlarne.
In realtà, è stata un’uscita di Macron in Svezia ad aver smosso le acque.
Le parole di Macron sulla bomba
L’intervento di Emmanuel Macron a Stoccolma il 31 gennaio ha riaperto il dibattito sulla natura della deterrenza nucleare francese: un arsenale chiamato a proteggere solo la Francia, o tutta l’Unione Europea? Marine Le Pen da una parte ha accusato Macron di volere «rendere europea la nostra forza nucleare, una follia», e Bastien Lachaud (sinistra radicale) dall’altra ha parlato di «rottura totale con la dottrina nucleare francese». Alla base di queste reazioni allarmate c’è l’incomprensione di quel che ha detto esattamente Macron, che — a differenza di quanto riportato in un primo momento — non ha annunciato di voler mettere tutta l’Europa sotto l’ombrello nucleare francese, né tantomeno di essere pronto a consegnare a Bruxelles i codici dei missili a testata atomica. L’interesse in Svezia, Germania, e negli altri Paesi europei per l’arsenale nucleare francese indica più una necessità europea, specie alla luce delle dichiarazioni di Donald Trump, che un cambio di dottrina francese. La dottrina nucleare francese
La questione del rapporto tra Francia e Europa quanto all’arsenale nucleare è sempre esistita, ma è indubbio che ha preso un’altra dimensione con la Brexit — la Francia è ormai l’unico Paese Ue dotato dell’arma nucleare — e il ritorno della guerra totale in Europa dopo l’invasione russa dell’Ucraina. La dottrina nucleare francese però, per il momento, resta immutata, come si legge nel documento specifico reso pubblico dal ministero della Difesa, che elenca le sue caratteristiche: 1) solo difensiva, per difendere «gli interessi vitali» della Francia; 2) permanente e credibile, sotto le 300 testate; 3) solo strategica e non tattica (cioè la bomba atomica non un’arma come le altre sul campo di battaglia ma serve come deterrenza): 4) sovrana e indipendente, ma pensata nell’ambito della Nato e costituisce «un contributo forte e essenziale alla sicurezza dell’Europa». I punti 1) e 4) riguardano direttamente la questione europea. L’arsenale nucleare è chiamato a difendere non il territorio francese, ma «gli interessi vitali» della Francia: il che lascia supporre che Parigi potrebbe considerare una minaccia diretta su Berlino o Roma come una minaccia a un suo «interesse vitale». Infine, si riconosce il ruolo del nucleare francese per la «sicurezza dell’Europa». Una certa dose di indeterminatezza è probabilmente voluta: i potenziali nemici devono essere avvisati della capacità della Francia di fare ricorso all’arma atomica, senza che i limiti della sua risposta difensiva siano circoscritti in modo troppo preciso e ristretto. Le armi francesi basterebbero, contro la Russia?
C’è però anche un’altra domanda. Le armi nucleari della Francia potrebbero dissuadere una potenza nucleare superiore come la Russia? Molti esperti tedeschi nutrono dubbi. Secondo Lydia Wachs, intervistata dalla Süddeutsche Zeitung, Parigi ha solo un arsenale relativamente piccolo e potrebbe difficilmente dosare i danni potenziali, in quanto dispone principalmente di armi nucleari strategiche di lunga gittata. «Supponiamo che la Russia attacchi il Baltico con armi convenzionali. Se si arrivasse a un’escalation, Parigi avrebbe principalmente la possibilità, dal punto di vista nucleare, di attaccare le città russe con un missile intercontinentale di grandi dimensioni — dice Wachs — Questo non è né proporzionato, né credibile». Poi c’è la seconda domanda. La Germania – o se per questo tutta l’Europa — si sentirebbe al sicuro sotto l’ombrello nucleare guidato da Parigi? Visto quanto è successo con gli Stati Uniti, un cambio di governo in Francia, mettiamo che prenda il potere Marine Le Pen, offrirebbe le stesse garanzie? C’è poi la Gran Bretagna. Ma secondo le attuali conoscenze, anche il Regno Unito ha poche capacità per ergersi a potenza protettrice. «La Gran Bretagna — dice sempre alla Süddeutsche Zeitung l’analista Liviu Horovitz — ha meno opzioni della Francia per controllare una spirale di escalation nucleare: ha solo armi nucleari strategiche su sottomarini». Che fare?
Più si avvicina il voto americano, più la questione diventa pressante. Un grande vecchio della politica di sicurezza tedesca, Wolfgang Ischinger, scrive su X che «Berlino dovrebbe finalmente prendere la mano tesa dalla Francia». Non si tratta, secondo lui, di sostituire lo scudo di protezione degli Stati Uniti e della Nato, «ma del suo possibile rafforzamento attraverso il ruolo della potenza nucleare europea della Francia». Come ciò possa avvenire, quali rinunce e simbolismi ciò comporti – e cosa ne pensano gli altri europei — è tutto da vedere. Ma almeno in Germania l’era in cui gli arsenali nucleari dovevano solo essere smantellati, pare definitivamente tramontata.
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