Corsa al BTp Valore, spread giù nei due collocamenti precedenti
Il BTp Valore «porta bene» allo spread italiano? I precedenti relativi ai collocamenti del titolo di Stato con cedole crescenti che sarà riproposto ai risparmiatori a partire da lunedì prossimo lascerebbero pensare di sì. In occasione delle uniche due emissioni passate, risalenti entrambe allo scorso anno nei mesi di giugno e ottobre, il differenziale di rendimento fra BTp e Bund decennali si è infatti sempre ridotto e la situazione corrente sembra avere tutte le carte in regola per rinverdire l’antico adagio del «non c’è due senza tre».
Ne è convinta per esempio Ubs, che si attende per il BTp Valore della prossima settimana una domanda ancora una volta elevata e compresa fra 15 e 17 miliardi di euro, ma soprattutto una possibile ulteriore contrazione dello spread verso livello «prossimi a 140 punti base». Lo scorso anno i due titoli della stessa tipologia erano stati in grado di attirare richieste complessive per circa 35 miliardi e avevano in questo modo contribuito secondo Emmanouil Karimalis, strategist sul reddito fisso di Ubs, ad «alleviare la pressione di finanziamento sul Tesoro italiano che doveva emettere titoli più convenzionali per finanziare i deficit di bilancio rivisti».
Ragionando nello specifico sulla tipologia di operazione che il Mef si appresta a varare, Ubs sottolinea come «lo stock di risparmio delle famiglie in eccesso in Italia sia superiore di quasi 100 miliardi di euro rispetto ai livelli pre-pandemia». Questo elemento, insieme al trattamento fiscale favorevole rispetto ad altre attività finanziarie, continuerebbe inoltre «ad attirare l’interesse degli acquirenti per questo titolo retail e a sostenere gli spread del BTp».
Il ruolo delle famiglie italiane nel detenere il debito nazionale risulta del resto sempre più rilevante nel nuovo scenario di una Bce che non soltanto ha smesso di comprare titoli sul mercato, ma sta anche gradualmente riducendo il portafoglio evitando di riacquistare parte di quelli in scadenza nel momento in cui i disavanzi fiscali persistono e vanno comunque rifinanziati. «Lo sviluppo di un canale retail attivo è fondamentale per attenuare il cambiamento della base di investitori del debito sovrano in una fase di mutamento delle condizioni di politica monetaria», conferma Alessandra Poli, analista nel team dedicato al settore sovrano di Scope Ratings, notando che «il contesto dei tassi d’interesse rimane attraente per gli investitori al dettaglio ed è quindi fondamentale che il Tesoro espanda le proprie emissioni obbligazionarie incentrate su di loro, in presenza di una forte domanda e di una concorrenza limitata da parte dei depositi bancari».
Le considerazioni degli analisti si estendono nello specifico anche oltre il singolo episodio legato al BTp Valore. Gli spread italiani «appaiono ancora a buon mercato se confrontati con fattori di rischio strettamente correlati come l’indice iTraxx Europe» relativo alle tipologie di titoli con merito di credito simile (BBB) rileva ancora Karimalis, che d’altro canto non prevede «alcun evento politico immediato in Italia che possa aumentare la pressione sui BTp».
I movimenti vanno però anche inseriti in un contesto più generale che abbraccia tutti i Paesi della «periferia» europea: «nonostante le difficili condizioni di mercato, a gennaio abbiamo assistito a una forte ripresa della domanda in tutti i collocamenti attraverso sindacato», aggiunge l’esperto di Ubs, ricordando gli ordini da primato registrati anche per le operazioni tenute in Spagna, Portogallo e Grecia. L’Italia, che da parte sua offre purtroppo rendimenti più elevati dei concorrenti, ha sotto questo aspetto recitato la parte del leone, con il 30% dei collocamenti effettuati mediante sindacato di tutta l’Eurozona e un’offerta record complessiva di circa 234 miliardi: cifre che fanno lasciano pensare che «l’attuale domanda di mercato si possa tradurre in offerte retail per l’emissione di BTp Valore» come spiega Karimalis. Un successo che rischia però di essere anche a caro prezzo.
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