Dodici dipendenti Onu complici dei raid di Hamas Guterres «inorridito»

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Dodici dipendenti Onu complici dei raid di Hamas Guterres «inorridito»

«V erremo con soldati che non sarete capaci d’affrontare! E vi cacceremo!». Quando la professoressa Sara Al Dirawi postò fiera un video dei massacri del 7 ottobre, commentandoli coi cuoricini e con una sura del Corano, nessuno s’era stupito più di tanto: come lei, insegnante nelle scuole dell’Unrwa a Gaza, non la pensavano molti dei suoi colleghi? Nessun commento nemmeno da Philippe Lazzarini, lo svizzero che da quattro anni dirige l’agenzia Onu per i profughi. Ma sì: perché parlare di quell’altra storia, l’ex ostaggio israeliano tenuto prigioniero, senza cibo né medicine, proprio nella casa d’un insegnante Unrwa. Ieri, però, il commissario Lazzarini non ha potuto tacere. Perché Israele ha dato le prove di quel che sostiene da tempo: ci fu un coinvolgimento «diretto», il 7 ottobre, di almeno 12 dipendenti Onu. E perché la Casa Bianca, che paga l’Unrwa con 343 milioni di dollari l’anno, ha deciso di sospendere i finanziamenti. «Sono accuse scioccanti», ha ammesso Lazzarini. Promettendo di licenziare immediatamente quella dozzina. D’avviare un’indagine interna. E di perseguire, anche penalmente, «qualsiasi dipendente coinvolto in atti di terrorismo».

Meglio ora che mai. È da 112 giorni che lo si dice, è da molti anni che lo si sospetta: grande quanto il suo nome e vecchia quanto la questione palestinese — nacque nel 1949, addirittura un anno prima dell’Unhcr, l’agenzia Onu riservata ai i profughi di tutto il mondo —, la United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (Unrwa) è l’unica che si occupi d’un singolo popolo e ha, nella Striscia, pochissimo personale internazionale. Nelle sue 284 scuole, nei suoi dispensari, nei suoi campi profughi lavorano 13 mila palestinesi: gente che empatizza, dicono gli israeliani, con Hamas. S’è spesso raccontato dei bambini istruiti a diventare «martiri», desiderosi d’ammazzare ebrei. Dopo il movimento islamico, l’Unrwa è la più grande azienda di Gaza e in quel regime è difficile mantenere un distacco: soprattutto in questi mesi, con 152 dipendenti uccisi dai bombardamenti israeliani. Stavolta, però, c’è altro: si dice «inorridito» il segretario generale dell’Onu, António Guterres. È «estremamente preoccupato» Josep Borrell, il ministro degli Esteri europeo. E vogliono vederci chiaro gli altri finanziatori — dalla Germania (202 milioni di euro) all’Ue (114), alla stessa Italia coi suoi 18 milioni —, decisi a rivedere quella somma d’oltre un miliardo che la comunità internazionale versa all’Unrwa e finisce, in parte, nelle tasche di Hamas.

Il dossier presentato da Israele sarebbe corposo. Dozzine di razzi e armi trovate in edifici dell’Unrwa. Uomini delle forze speciali Nukhba, le più feroci, che sono anche dipendenti del Palazzo di vetro. Lo stesso ministro all’Economia di Hamas, Jawad Abu Shamala, che prima di morire insegnava in una scuola Onu di Khan Younis. L’antipatia di Israele per l’Unrwa ha miccia lunga: un’agenzia — denuncia il premier Netanyahu — che assiste 5,9 milioni di palestinesi fra Gaza, Cisgiordania, Libano, Siria e Giordania, con 30 mila dipendenti, quando l’intera Unhcr aiuta 108 milioni di profughi nel mondo e di assunti ne ha 20 mila. È una questione che interroga lo stesso premier, accusato dalla destra estrema d’avere sempre pagato le spese Unrwa «con le tasse degli israeliani», e in difficoltà a mollare ora l’agenzia Onu. «È l’unica che sa come distribuire acqua, cibo e medicine», dice una fonte di governo: «Ci risolve un problema. E forse era la prima volta, nella sua storia, che stava lavorando bene».

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