L’ipocrisia della destra in Sardegna, Meloni si gioca un pezzo delle europee

l’ipocrisia della destra in sardegna, meloni si gioca un pezzo delle europee

Meloni in Sardegna

Sul palco uniti per l’ennesima finzione, Meloni, Salvini, Tajani, divisi su molto, dal terzo mandato alla politica estera che è certamente più grave. Tanto che da Fratelli d’Italia definiscono “inutili” le uscite di Salvini perché l’unica cosa che conta sono le azioni del governo. Parlano i fatti, “le esternazioni del leader leghista fanno quasi tenerezza”. Almeno l’avversaria, la candidata presidente della parte opposta, Alessandra Todde, ha preferito essere coerente e conseguente: cara Elly (Schlein), caro Giuseppe (Conte) – ha fatto capire – scusate tanto ma io chiudo la campagna elettorale da sola. Me la vedo io, da sarda tra i sardi. Poi c’è l’outsider, il terzo incomodo, Renato Soru, l’imprenditore e fondatore del Pd che ha stracciato la tessera perché gli hanno negato le primarie, con cui alla fine in un modo o nell’altro il nuovo governatore da lunedì mattina (in Sardegna è un turno secco senza soglia) dovrà fare i conti per governare l’isola dopo la gestione Solinas. Qui Sardegna.

Domenica ci sono le elezioni regionali, siamo alle battute finali di una campagna elettorale lunga e piena di colpi di scena. Che non sono finiti stando a sondaggi che non possono essere pubblicati ma che circolano tra gli staff e dicono che le due coalizioni sono testa a testa e che la lista Soru potrebbe spostare gli equilibri. Il voto sardo ha un prezzo alto e sia Meloni che Schlein si giocano molto di più che il governo dell’isola. La premier la tenuta della maggioranza e la fine conclamata di una straordinaria luna di miele che va avanti ormai da settembre 2022. La segretaria del Pd si gioca la segreteria.

Intanto ieri alla Fiera di Cagliari è andato in scena, sul palco del comizio finale del centrodestra, l’abbraccio forse più imbarazzato da quando Meloni, Salvini e Tajani stanno insieme. Il più difficile dopo il grande freddo calato sulla coalizione dopo il bis di Mattarella che Meloni non voleva in alcun modo. Paolo Truzzu, il Fratello d’Italia sindaco di Cagliari che Giorgia Meloni ha preteso guidare la coalizione al posto dell’uscente Solinas che invece Salvini ha difeso fino alla fine, non buca. Nella classifica generale sul gradimento dei sindaci è agli ultimi posti e la campagna elettorale non ha cambiato molto le cose.

La temperatura generale all’interno della coalizione non sembra poter giovare. Meloni, Salvini e Lupi hanno volato insieme ieri da Roma, volo di linea Ita, ma posti separati. Lo scontro fra Lega e FdI sul terzo mandato per sindaci e presidenti di regione non è certo la priorità per il popolo sardo e però la tensione arriva fin sul palco. I 3500 presenti si danno di gomito mentre Salvini dice: “Noi siamo uniti, i compagni ii sinistra no”. Ci vuole coraggio visto che, prima che i leader salgano sul palco, nello staff di Fratelli d’Italia c’è chi liquida l’ambiguità di Salvini sull’omicidio di stato del dissidente Alexei Navalny (“faranno chiarezza i giudici, non certo noi”) come “scollegate dagli atti concreti che fa il governo e quindi inutili”. Non esattamente un complimento. Mentre Salvini è già sul palco, Giorgia Meloni trova più utile confrontarsi con la Cgil che ha esposto uno striscione in nome della sicurezza sul lavoro. La premier li incontra e chiede di “non dividersi sulla sicurezza”. Lunedì in Consiglio dei ministri sarà varato un nuovo pacchetto di regole per fronteggiare una piaga che conta una media di tre morti al giorno. “Giorgia non è solo un’alleata o un’ottima presidente del Consiglio, è un’amica e questo in politica fa la differenza. E per questo andremo avanti cinque anni”, scandisce bene le parole Salvini dal palco.

Tra i Fratelli ci si sforza a spiegare che “in fondo è solo campagna elettorale e alla fine il leader della Lega torna sempre nel recinto”. Ma il ménage quotidiano è faticoso, dalle piccole cose (martedì la maggioranza è andata sotto due volte in Commissione Trasporti sul nuovo codice della strada, fiore all’occhiello del ministro dei Trasporti) a quelle più grandi come il posizionamento in politica estera. Da mesi ormai le fughe sovraniste e filoputiniane imbarazzano la premier che già fa fatica con la sua base per tenere la barra dritta sul dossier atlantista. L’imbarazzo può diventare insostenibile da qui a giugno quando si voterà per le Europee e mentre Meloni presiede il G7. Lo è già in queste ore quando i leader del G7 hanno tutti chiamato con il loro nome la morte di Navalny (“omicidio politico”) mentre il vicepremier Salvini vuole aspettare che “siano medici e giudici a fare chiarezza”. La stessa premier, che presiede il G7, si è limitata a parlare solo di “pagina triste” ed “evento inquietante”.

Eppure il palco di Cagliari tutto cancella e tutto unisce. Come se niente fosse. “Stiamo insieme da trent’anni e governeremo per altri cinque”, promette Meloni in un comizio che ha poco a che fare con la Sardegna e molto con le politiche nazionali che rivendica una dopo l‘altra. “Abbiamo smesso di buttare soldi, lo spread sotto 150 ce lo conferma. Registriamo un recupero record dall’evasione fiscale senza vessare i cittadini, stiamo dando a chi ha meno, la sinistra e i 5 Stelle hanno dato 140 miliardi per le seconde case, hanno fatto come lo sceriffo di Nottingham”. Ringrazia il candidato amico Paolo Truzzu e lo rassicura: “Il fango su di te arriva da partiti rabbiosi e senza argomenti. E poi, scusate, ma che roba è questo campo largo? Forse che i sardi sono cavie?”. Le riforme, poi, “saranno la mia eredità politica. E vi giuro che se passano, lascio la politica…sto scherzando, ovviamente”. Possiamo dire che quello della premier più che il comizio finale della campagna sarda è stato il primo comizio della lunga campagna di primavera. Perché il voto sardo condizionerà molto il dopo. Una sconfitta per il centrodestra sarebbe un pesante smacco per la premier, l’inizio della fine della lunga luna di miele. Salvini, che ha dovuto umiliarsi e cedere il candidato, presenterebbe il conto. Meglio non pensarci. Tra oggi e domani Meloni ha in programma il viaggio per Kiev per mettere a tacere i dubbi che anche Bruxelles comincia ad avere sull’umore italiano. Sabato la prima riunione del G7 con Biden che chiederà nuove durissime sanzioni per Mosca. Mentre Putin dice ai microfoni che “l’Italia è sempre stato un paese amico e accogliente”.

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