Aggressioni e turni massacranti: vite dimenticate degli agenti penitenziari

aggressioni e turni massacranti: vite dimenticate degli agenti penitenziari

Aggressioni e turni massacranti: vite dimenticate degli agenti penitenziari

Agente di polizia penitenziaria: ovvero, all’occorrenza, anche un po’ psicologo, educatore, infermiere e talvolta mediatore culturale. Tutte figure professionali gravemente carenti nelle sovraffollate “carceri polveriera” dove la tensione è insostenibile, i nervi sempre a fior di pelle e le tragedie sono all’ordine del giorno (21 i suicidi di detenuti dall’inizio dell’anno). È in questi contesti che le “guardie” sono spesso impegnate in mansioni non proprie. E sopra le proprie forze.

Attualmente, nei 189 istituti di pena italiani lavorano 38.000 poliziotti ma secondo la pianta organica di base dovrebbero essere 42.150 (dati ministero della Giustizia). Ne mancano all’appello più di 4.000. Bandito, nel frattempo, un concorso per 1.713 posti e assunti già 411 nuovi ispettori, rimarrebbero da coprire ancora circa 2.000 posizioni. Sempreché bastino, perché nel la popolazione carceraria aumenta, in media, di circa 400 detenuti al mese, nonostante la stretta punitiva stabilita dal governo nel cosiddetto “pacchetto sicurezza” (al 31 gennaio i presenti erano 60.637 su una capienza massima regolamentare di 51.347). Le cifre sul “fabbisogno di personale”, infatti, sono contestate dai sindacati di categoria che parlano invece di 18.000 posizioni, da coprire con procedure d’urgenza, necessarie a garantire un adeguato svolgimento delle mansioni previste dalla legge n.395/1990, cioè “assicurare l’esecuzione delle misure privative della libertà personale; garantire l’ordine interno e la sicurezza degli istituti di prevenzione e di pena”. E nulla di più.

Non passa giorno, inoltre, che uno o più addetti alla sorveglianza non venga aggredito, vessato, malmenato da reclusi con problemi psichici, tossicodipendenti, facinorosi per indole, ma soprattutto disperati per condizione. «Nel 2023 sono stati 1.800 i casi di violenza contro gli agenti penitenziari, l’anno prima furono 1.159 ed è in forte aumento il numero di suicidi nella categoria» sostiene Massimo Vespia, segretario generale della Fns (Federazione Nazionale Sicurezza) della Cisl. Nel 2022 sono stati 4 a togliersi la vita e 6 tra il 2023 e i primi due mesi di quest’anno. Insomma, il rischio suicidiario è forte, il più alto tra tutte le forze dell’ordine, «anche se, stranamente, non esistono statistiche ufficiali in merito e non se ne parla quasi mai» aggiunge Vespia. Le cause? «Il superlavoro e lo stress psico-fisico a cui sono esposti quotidianamente i lavoratori, perché nelle carceri lo straordinario diventa sempre ordinario, ma anche la loro età media, piuttosto elevata. E poi non ci si occupa con la dovuta attenzione della loro condizione di lavoro in strutture quasi sempre fatiscenti dove gli spazi sono insufficienti e insalubri». E, ancora, «gli agenti sono impegnati giorno e notte per seguire nelle Rems (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza) i detenuti affetti da disturbi mentali: urge una riforma della medicina penitenziaria – sottolinea il segretario della Fns-Cisl –, con il potenziamento dei servizi sanitari e la creazione negli ospedali, per esempio, di locali che consentano la vigilanza dei detenuti ricoverati». «È finito il tempo delle pacche sulle spalle, c’è bisogno di iniziative concrete a tutela della polizia penitenziaria – dice Vespia –, siamo a un punto di non ritorno: oltre ad aumentare gli organici c’è bisogno di ampliare il patrimonio edilizio: bene, dunque, lo sblocco di 255 milioni di euro deliberato dal governo per creare più celle, servizi e ambienti comuni per circa 7.300 posti in più, anche se ne servirebbero oltre 9.000». Da incentivare, inoltre, i corsi di formazione e aggiornamento per gli agenti.

Intanto, dall’11 marzo prossimo, nuovi distintivi saranno sulle spalline e sui berretti dei poliziotti che sfileranno in occasione del 207° anniversario dell’istituzione del Corpo, nella manifestazione prevista in piazza del Popolo a Roma. Le nuove “insegne di qualifica” distingueranno nelle divise i diversi ruoli e le funzioni del personale addetto alla sicurezza nelle carceri. Ma adesso si attendono anche gli altri provvedimenti, essenziali per “salvare” la categoria.

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