Militari ucraini preparano sacchi di terra per costruire una fortificazione non lontano dalla città di Avdiivka (Afp)
DAL NOSTRO INVIATO KIEV — «Siamo di rinforzo per la nuova linea di fronte ad Avdiivka. Non sappiamo se sia stata già costruita come si deve. Altrimenti ci toccherà scavare le trincee sotto i bombardamenti russi. Non sarebbe la prima volta», ci dicevano una decina di giorni fa due tenenti dei battaglioni di rincalzo ucraini. Non sapevano, consumavano mogi il loro piatto di borsh col pane nero del Donbass nelle immediate retrovie della cittadina di Mirnograd. Erano silenziosi, preoccupati. «Dovremo restare almeno sei mesi in questo che è il punto più sanguinoso della guerra», ammettevano dopo avere parlato con le unità che si erano appena ritirate dalla roccaforte ormai perduta di Avdiivka. Era la situazione peggiore per un soldato: il fronte aveva appena ceduto, si parlava di numerosi morti e dispersi, di feriti catturati e subito fucilati dai russi, si udiva di continuo il rombo delle cannonate poco lontano, mancavano munizioni. Stavano infilandosi in una trappola? Non c’era il rischio che la loro ritirata si trasformasse in rotta per la precisa volontà di Putin, che a tutti costi mira ad approfittare del successo di Avdiivka per occupare il massimo del territorio del Donbass e presentarsi vittorioso alle elezioni russe di metà marzo?
Oggi l’incertezza permane, forse un poco meno urgente di allora, eppure tutt’ora pressante e gravida di minacce. La nuova linea difensiva che i comandi ucraini avevano cominciato a costruire già a fine ottobre, quando era stato chiaro che le unità russe del Donetsk stavano concentrando uomini e mezzi per sfondare, è messa duramente alla prova. Suo punto di forza sono i corsi d’acqua, le marcite e i piccoli laghi che costellano la zona di colline basse del Donbass centrale a ovest di Avdiivka, tra i villaggi di Tonenke, Orlivka, Semenivka e Berdychi. Più a sud si cerca invece di scavare trincee e minare le zone umide attorno a Pervomaiske. È una strategia che ricorda da vicino quella della difesa di Kiev due anni fa, quando i comandi ucraini fecero saltare le dighe rurali e costrinsero le colonne russe a imbottigliarsi in poche strade maggiori, dove i missili anticarro fecero scempio delle pattuglie in avanzata. «La morfologia del territorio fa parte del nostro sistema difensivo. I corsi d’acqua ne sono elementi essenziali», sostiene Dmytro Lykhovyi, portavoce delle unità ucraine nella regione. Secondo gli esperti dell’Institute for the Study of War di Washington, la situazione resta fluida. «Lo stato maggiore di Mosca sta cercando in ogni modo di sfruttare le vittorie di metà febbraio per avanzare», notano.
Il 17 febbraio era stato lo stesso nuovo comandante in capo delle forze armate ucraine, Oleksandr Syrsky, ad annunciare il completo ritiro dai bunker di Avdiivka distrutti dalle bombe. Sette giorni dopo gli ucraini lasciavano anche il villaggio di Lastochkyne. Tre giorni fa un altro ritiro: questa volta dai villaggi di Stepove e Sieverne. «Sono piccoli aggiustamenti del fronte. I nostri soldati hanno resistito in caposaldi minori per dare il tempo al grosso della truppa di organizzarsi nelle nuove linee difensive», si scherniscono i portavoce. Ma anche Syirsky ha ammesso ieri via social che le nuove linee sono già sotto pressione, non è chiaro se siano pronte per sostenere attacchi diretti in forze. In verità, è sufficiente guardare le mappe geografiche per comprendere che stiamo parlando di spostamenti che sono profondi al massimo una decina di chilometri. Eppure, ciò permette ai russi di avanzare l’artiglieria e iniziare a martellare aree che sino a poco fa erano retrovie relativamente tranquille, dove gli ucraini mettevano le truppe a riposare e tenevano le riserve di munizioni.
Per gli ucraini il problema principale non cambia, come ha ribadito il presidente Zelensky in ogni occasione negli ultimi giorni: mancano munizioni specie per l’artiglieria, scarseggiano missili antiaerei, servono droni sia d’attacco che di difesa. Con il poco che hanno, gli ucraini compiono miracoli: negli ultimi giorni sono riusciti ad abbattere diversi aerei nemici (pare tre ieri e una quindicina dall’inizio dell’anno). Ma i russi non demordono: premono anche sull’enclave dei villaggi di Robotyne e Verbove, sul fronte meridionale presso Zaporizhzhia. Il 18 febbraio hanno utilizzato il loro nuovo jet Su-57 per tirare un missile superveloce Kh-69. E ancora i soldati ucraini ci raccontano dalle trincee che anche le tattiche d’assalto russe sono in evoluzione: sempre più spesso ricorrono a piccoli gruppi composti da 3 a 10 soldati che, coperti da droni sia da osservazione che kamikaze, attaccano a ondate disperse sul territorio e infliggono il massimo dei danni possibili.
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