Tasse sulle pensioni, cos’è il contributo di solidarietà che l’OCSE chiede all’Italia di introdurre

23 gennaio 2024

tasse sulle pensioni, cos’è il contributo di solidarietà che l’ocse chiede all’italia di introdurre

Tasse sulle pensioni, cos

Tasse sulle pensioni, un contributo di solidarietГ  sugli assegni piГ№ generosi. A chiederlo ГЁ l’OCSE, nell’Economic Survey sull’Italia pubblicato il 22 gennaio 2024. Non si tratta di una novitГ , ma di una misura giГ  introdotta in passato che fa tuttavia i conti con i rischi di incostituzionalitГ

Tasse sulle pensioni, torna in auge il tema di un contributo di solidarietà per gli assegni più alti.

Questo l’effetto della “ricetta” proposta dall’OCSE all’Italia, che con l’Economic Survey pubblicato il 22 gennaio 2024 delinea alcuni interventi utili per ridurre la spesa pubblica.

Le pensioni pesano per il 16,5 per cento sul PIL dell’Italia, rappresentando uno dei livelli più elevati tra i Paesi dell’area OCSE. Se per il breve termine vengono accolte con favore le misure che riducono l’indicizzazione automatica degli assegni più alti, nel lungo periodo si potrebbe introdurre un contributo solidarietà sulle pensioni d’oro.

Di cosa si tratta? Non certo una novità, ma una “tassa” che già in passato ha gravato sugli assegni più alti e che, ad ultimo, è stata stoppata a decorrere dal 2022 per effetto di una sentenza della Corte Costituzionale.

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Tasse sulle pensioni, cos’è il contributo di solidarietà che l’OCSE chiede all’Italia di introdurre

L’Italia ha bisogno di tagliare la spesa pubblica, definendo le priorità da perseguire e incrementando l’efficienza per “generare risparmi sui costi e migliorare i servizi pubblici”.

Per il triennio 2023-2025 l’obiettivo di risparmio di bilancio annuo è pari allo 0,4 per cento circa della spesa pubblica, “poco ambizioso tenuto conto delle esigenze di risanamento del bilancio nel medio termine.”

Queste alcune delle considerazioni contenute nel Report sull’economia italiana pubblicato dall’OCSE il 22 gennaio 2024, che si sofferma in maniera particolareggiata sul fronte della spesa pubblica in materia di pensioni.

Il 16,5 per cento del PIL del Paese è dedicato al pagamento degli assegni di vecchiaia e reversibilità, una quota tra le più elevate dell’OCSE. Mantenere questi valori comporterebbe la necessità di intervenire con tagli su altri fronti, quali quello dell’istruzione, ritenuto tuttavia “fondamentale da un punto di vista economico e sociale”.

Ed ecco quindi che torna in campo il tema della riforma delle pensioni, dell’eliminazione di forme di pensionamento anticipato ma anche di una tassazione più gravosa degli assegni più alti.

La Legge di Bilancio 2023 ha previsto l’indicizzazione ridotta delle pensioni di importo più elevato e dalla stretta sulla perequazione automatica degli assegni deriverà un risparmio per i conti pubblici di oltre 3 miliardi e mezzo nel 2023 e superiore a 6,8 miliardi nel 2024. Una misura una tantum che non può essere prevista per un lungo periodo, considerando che il mantenimento della riduzione dell’indicizzazione potrebbe porre problemi di natura costituzionale.

Quali quindi le contromosse per lo Stato? Dal taglio dell’indicizzazione, l’OCSE propone di passare ad un contributo di solidarietà sulle pensioni più alte – non giustificate da elevati contributi versati.

Il contributo aggiuntivo sulle pensioni d’oro:

“potrebbe assumere la forma di un’imposta progressiva che esenta le pensioni al di sotto di una determinata soglia e potrebbe basarsi sulla differenza tra le pensioni attualmente percepite e le pensioni calcolate in base alle norme di contribuzione predefinita.”

Il contributo di solidarietà consentirebbe all’Italia di “gestire i costi complessivi del sistema, rivolgendosi allo stesso tempo alle famiglie più abbienti che probabilmente detengono maggiori risparmi privati.”

Contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro, l’ultimo stop nel 2022

L’idea di tagliare le pensioni d’oro non è certo una novità, considerando che negli scorsi anni sono state introdotte diverse forme di prelievo più gravose sugli assegni elevati.

Un quadro di sintesi dei principali interventi è fornito dalla Camera e, a titolo di esempio, dal 2020 al 2003 sugli assegni superiori al massimale annuo di 123 milioni di lire è stato applicato un contributo pari al 2 per cento sulle somme eccedenti.

Dal 2004 al 2006 è stato invece applicato un contributo di solidarietà del 3 per cento sulle pensioni superiori di 25 volte il trattamento minimo INPS.

Ma sulle norme volte a tassare in misura maggiore le pensioni d’oro pesa il rischio di incostituzionalità.

Così è stato per il contributo di perequazione dal 5 al 15 per cento introdotto dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014 sugli assegni dai 90.000 euro in su, dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale.

Stessa sorte anche per il contributo aggiuntivo previsto dalla Legge di Bilancio 2019 per gli assegni superiori a 100.000 euro, stoppato in anticipo, a decorrere dal 2022, rispetto al termine del 31 dicembre 2023 proprio da una sentenza della Consulta che ha dichiarato sproporzionato il periodo quinquennale di durata della decurtazione, rispetto all’ordinaria proiezione di tre anni del bilancio dello Stato.

Sul tema controverso e dibattuto di una taglio delle pensioni più alte pesano quindi non solo i malumori dei possibili destinatari della misura, ma anche i dubbi circa i “confini” della legittimità costituzionale.

Le indicazioni dell’OCSE rappresentano delle utili e non ignorabili linee guida per l’Italia, ma tutt’altro che di immediata e facile attuazione.

Al Governo spetta in ogni caso il compito di riaprire il dossier delle pensioni il più presto possibile, per cogliere le sfide non solo della riduzione della spesa pubblica ma anche della messa a punto di un sistema che nel suo complesso agevoli crescita, lavoro e produttività.

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