Ilaria Salis è strumentalizzata da Bonelli e Fratoianni
Ilaria Salis è strumentalizzata da Bonelli e Fratoianni
Proseguiamo la nostra panoramica sulle insufficienze politiche del Kombinat che ci governa e ci confeziona le leggi. E rimaniamo ancora oggi nei dintorni della presidente del consiglio dei ministri, Giorgia Meloni.
Riprendo in mano il caso di Ilaria Salis che ha imboccato una via inattesa: la sua candidatura al Parlamento europeo nelle liste dell’Alleanza Verdi Sinistra, quelle per intenderci egemonizzate da tale Angelo Bonelli e da Nicola Fratoianni (e famiglia). Un’operazione cinica (e bara) visto che l’immissione in lista, secondo i due predetti soci, dovrebbe portare voti dall’area di riferimento della Salis, anche se, a detta dei sondaggi in circolazione, la lista non avrà alcuna possibilità di eleggere un parlamentare.
Roberto Salis, padre di Ilaria, è caduto in un trappolone
Solo Roberto Salis, padre di Ilaria, di certo una brava persona ma, all’evidenza, del tutto sprovveduto rispetto agli inesorabili e crudeli comportamenti della politica, poteva cadere nel trappolone preparatogli in occasione delle elezioni europee. Se il suo intento è -come corretto e comprensibile- tirare fuori dalle carceri di Viktor Orbàn sua figlia, la strada scelta è la peggiore perché ne ritarderà significativamente il ritorno in libertà. Probabilmente, non dispone dei consigli di un legale capace di districarsi in un caso politico prima che giuridico al tempo stesso internazionale e magiaro.
In realtà se mai fosse eletta, Ilaria Salis non ha davanti a sé alcuna certezza di essere messa in libertà: anzi, se il regime dispotico di Orbàn volesse vendicarsi della sua propria stupidità dimostrata in questo caso, la ritarderebbe possibilmente all’infinito.
L’aggressione di 3 italiani a centinaia di neonazisti
E veniamo alla stupidità messa in mostra dal governo di Budapest (che non a caso riprende molti dei temi delle Croci Frecciate, gli estremisti filonazisti che andarono al potere qualche mese prima dell’occupazione russa, realizzando quella persecuzione degli ebrei cui -prima- gli ungheresi non avevano partecipato): sostiene Budapest che Ilaria Salis, insieme a due sodali, si è recata nella capitale magiara per aggredire i partecipanti a un raduno di neonazisti. Il che è di certo un’affermazione azzardata: 3 persone contro la gente di un raduno di qualche centinaio di persone, attrezzate ed educate alla violenza come i neonazisti? Nessuno ci può credere.
Certo, la Salis e i suoi amici intendevano disturbare il raduno ma non potevano avere in progetto un assalto che sarebbe finito male, molto male per loro. Perciò, la cattura della ragazza e la sua trasformazione in un simbolo in catene (e per converso un simbolo della lotta al nazismo) aveva il senso di indicare al mondo e a tutti i democratici d’Europa che con Viktor Orbàn non si scherza e che ci prova paga un prezzo molto salato.
L’evidente imbarazzo di Meloni
Sulla questione, Giorgia Meloni ha mostrato un evidente imbarazzo scegliendo la soluzione peggiore: quella di invocare la separazione dei poteri giudiziario ed esecutivo che in Ungheria non esiste e da diverso tempo, essendo stata spazzata via dalle riforme orbaniane (e che ora è oggetto di una procedura comunitaria di condanna). Non credo che sia necessaria una sua telefonata per indicare a un procuratore di giustizia il da farsi: probabilmente basta un cenno da parte di uno dei suoi numerosi segretari.
Questo della Salis invece era il momento giusto per un’azione politica alta, di quelle che invochiamo in questa serie di articoli: drizzare la schiena a difesa di una cittadina italiana sottoposta a un trattamento carcerario persecutorio e inumano già prima che il suo processo sia celebrato. Drizzare la schiena, rammentando che nei paesi civili nessuno è colpevole sino a una pronuncia giudiziaria di colpevolezza, e battersi per la liberazione di una cittadina italiana la cui colpevolezza (di un reato impossibile) non era stabilita. E il fatto che Ilaria Salis fosse di sinistra o anarchica era una ragione in più per affermare davanti agli italiani che Giorgia Meloni era (avrebbe dovuto essere) la premier di tutti gli italiani a prescindere dal colore politico preferito.
È questa la politica alta cui facciamo riferimento.
Giorgia, il 25 aprile, l’antifascismo e l’anticomunismo
Un’ultima -per oggi- notazione: la celebrazione del 25 aprile. Giorgia Meloni nel partecipare all’evento ha dichiarato di essere (con il suo partito) contraria e avversaria di tutti i regimi dispotici, precisando che questa data ha posto le basi per l’affermarsi della democrazia in Italia. Ha così evitato di dire una parola esplicita sul fascismo.
Mi chiedo: ha mai pensato o valutato l’ipotesi, Giorgia, di affermare che lei e il suo partito condannano il fascismo (col nazismo) e il comunismo, regimi responsabili della morte di milioni di innocenti?
Sarebbe bastato un riferimento del genere a spuntare le armi verbali di tanti che strumentalizzando le timidezze della premier si riempiono la bocca di affermazioni polemiche, non sapendo che i comunisti italiani nemmeno nella versione post-comunista sono stati capaci di prendere le distanze dal comunismo (il che significa ammettere che i socialisti, con Craxi, avevano ragione) o di mettere insieme una loro Bad Godesberg, il congresso dei socialdemocratici tedeschi col quale archiviarono gli estremismi del passato.
Buona festa del lavoro.
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