Navalny, una morte non naturale

navalny, una morte non naturale

Navalny, una morte non naturale

Dopo giorni di oblio, milioni di persone nel mondo lo hanno visto cadavere nelle immagini dei tg, con il volto composto e cereo, di un pallore che solo la morte può dare. Eppure nessuno ancora conosce la vera causa del suo improvviso decesso, cioè di cosa e come è morto Alexei Navalny. Il suo corpo, prima negato e poi finalmente consegnato, dopo giorni di incertezze ed illazioni, alla madre Ludmilla e al popolo russo, era deposto ed esposto in una bara aperta, vestito con giacca e cravatta, ricoperto di fiori dalla via in giù, circondato da migliaia di moscoviti che acclamavano il suo nome, e che erano accorsi nonostante in freddo e il ghiaccio, per rendere omaggio alla salma del più famoso oppositore politico di Vladimir Putin, deceduto il 16 febbraio nella colonia penale IK-3 di Kharp, nella regione artica di Yamato-Nenets, dove era detenuto da dicembre, dopo che dal 2021 gli era stata inflitta una condanna definitiva a 19 anni. Il gelido certificato ufficiale delle autorità sanitarie post-sovietiche ha liquidato il decesso con due parole: «Morte naturale», senza possibilità di verificare se tale evento fosse stato confermato da una regolare autopsia con esami istologici e sierici, o stabilire chi abbia, e con quali modalità, certificato e firmato la causa di morte, un documento obbligatorio da allegare alla relazione clinica di qualunque salma prima della sua sepoltura.

Il giorno precedente a quella che, secondo le autorità russe, è stata una morte improvvisa dovuta a ipotetici problemi cardiaci durante una passeggiata all’aperto e al gelo siberiano, Navalny, che aveva 47 anni, era apparso in udienza tonico e motivato, in forma ed in buone condizioni, e nulla faceva presagire una sua imminente dipartita, almeno apparentemente. In medicina la «morte naturale» viene definita così ad uso legale per distinguerla da quella provocata da violenze, torture, incidenti ed omicidi, o comunque causata da traumi letali. Siccome però non si muore mai «naturalmente», ma sempre di malattia, in oltre l’85% dei casi questi decessi improvvisi, inattesi ed inaspettati sono di origine cardiaca, ed avvengono in maniera rapida, entro un’ora dai primi segnali di malessere non trattati, o anche senza sintomi di insorgenza, per sfociare nell’arresto cardiaco. Ovvero nella cessazione della funzione del cuore che si ferma, non si contrae più, facendo venire meno l’effetto pompa del sangue, quello che garantisce la circolazione e quindi la ossigenazione di tutto l’organismo, cervello compreso. Questo è il primo organo a soffrire, si spegne facendo perdere immediatamente la coscienza al soggetto, che cade a terra, apparentemente già privo di vita. L’arresto cardiaco porta all’arresto circolatorio e respiratorio, e nell’immediatezza di questa catena di episodi drammatici, il processo di morte può essere rallentato o interrotto con un soccorso tempestivo, al massimo entro 5 minuti dall’evento avverso, con un massaggio cardiaco, manovre rianimatorie o defibrillazione precoce: tutte pratiche che in molti casi sono in grado di evitare il decesso, soprattutto in un soggetto sotto i 50 anni.

Sulla morte di Navalny, che non ha nulla di naturale, dalle poche notizie trapelate attraverso il filtro della tv di Stato russa, sono state fatte molte ipotesi e restano altrettanti sospetti, come per esempio che il dissidente sia stato deliberatamente ucciso, forse per un nuovo avvelenamento, come quello dell’agosto 2020, quando gli fu somministrato il Novichok: un potente agente nervino paralizzante, un prodotto realizzato in Urss come insetticida e fertilizzante, non rintracciabile nel sangue con i normali metodi chimici, formattato in polvere o in soluzione liquida, e le cui tracce nel corpo spariscono evaporando dopo circa 48 ore dal decesso. Un’altra ipotesi è che Navalny sia stato indotto alla morte o ucciso con un pugno sul cuore, dopo due ore trascorse all’addiaccio, causa suggerita dalla presenza di un evidente ematoma osservato nella camera mortuaria, un grosso livido all’altezza dello sterno. Ipotesi, anche questa, poco probabile e poco credibile, poiché nella clinica medica d’urgenza un pugno si infligge regolarmente e con forza su un cuore arrestato nel tentativo di riattivarlo e non certo per fermarlo, prima di defibrillarlo meccanicamente, e forse in questo caso ci sarà stato effettivamente un tentativo di rianimazione manuale sul corpo ormai esanime che giustifichi quel reperto cutaneo visto e segnalato da qualcuno degli addetti sul petto del cadavere. Un’altra versione comunicata dai media russi è che il prigioniero politico sia deceduto per un «coagulo sanguigno», ovvero che sia stato stroncato da una trombosi – polmonare, cardiaca o cerebrale non è dato sapere -, forse favorita dalle particolari condizioni in cui era detenuto. Ma anche questa ipotesi sembra inverosimile in un uomo di 47anni senza patologie cardio-circolatorie pregresse, e comunque si tratta di una valutazione impossibile da accertare senza l’esito dell’esame autoptico, anche perché sotto il termine «trombosi» rientrano molte patologie tra le quali l’infarto, l’ictus, l’embolia polmonare e perfino l’avvelenamento.

Secondo Mosca quindi Alexei Navalny sarebbe stato colpito da una «sindrome da morte improvvisa per cause naturali», e per rafforzare questa tesi, scientificamente e clinicamente non credibile in un paziente ancora giovane morto sine causa ed apparentemente sano, è stato reso noto che il dissidente russo, che non aveva alcun problema cardiaco riferito od accertato, sarebbe quindi spirato, accidentalmente e sfortunatamente, poco prima della sua liberazione, poiché stava per essere rilasciato in un possibile scambio di prigionieri con gli Stati Uniti, che avevano chiesto il rilascio dell’ex marine Paul Whelan e del giornalista Evan Gershkovich, entrambi detenuti nelle carceri russe con l’accusa di spionaggio. Anche il fatto che le autorità russe abbiano per giorni rifiutato di far vedere e di consegnare il corpo di Navalny alla famiglia, dopo averlo spostato in segretezza da un obitorio all’altro a chilometri di distanza per gli accertamenti del caso, e poi messo a disposizione del Comitato Investigativo Nazionale, ha fatto crescere il sospetto dell’intenzione di nascondere le tracce di una morte non naturale, se non addirittura di un ipotetico delitto. Tutti i dubbi sollevati sulle reali circostanze che hanno portato al decesso il 47enne attivista russo, ormai diventato un simbolo nazionale, potranno essere soddisfatti solo dall’esame autoptico, sempre che, prima della sepoltura, la madre, che con forza ha richiesto ed ottenuto dopo una settimana il rilascio della salma, abbia anche ottenuto il permesso di una prima o seconda autopsia con medici fidati, per far conoscere alla moglie e ai figli di Navalny, che per motivi politici erano assenti alla cerimonia funebre e non hanno potuto nemmeno portare l’ultimo saluto al loro congiunto, la reale causa di una perdita così grave, clamorosa e non naturale di un prigioniero politico che ha fatto emozionare ed anche indignare il mondo intero. Ps: secondo i dati della Commissione Sanitaria Internazionale, ogni anno nel mondo muoiono per «morte improvvisa cardiaca» 4,5 milioni di persone, delle quali 300mila in Europa, mentre in Italia le vittime annue per la stessa causa ammontano a 70mila.

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