Un’azienda di auto
PORDENONE-UDINE – Il valore delle merci che partono dal Friuli Venezia Giulia in direzione della Germania sfiora i due miliardi di euro l’anno. Per la precisione, secondo una stima recente della Camera di Commercio Pordenone-Udine, si tocca di media il miliardo e 800 milioni di euro. Da sola, Berlino garantisce alla nostra regione il 12 per cento del totale dei beni che vengono esportati. Con una quota rilevante che va a servire il cuore dell’industria tedesca, cioè l’automobile. Dal Friuli Venezia Giulia partono alcuni dei componenti chiave che servono a terminare il lavoro nelle fabbriche della Germania. E nella nostra regione questa branca della produzione conta migliaia di addetti. Ma adesso il Friuli si trova in una morsa. Se da un lato, infatti, spaventa la strozzatura nel settore dei trasporti in entrata, dall’altro il timore è che il forte rallentamento dell’economia tedesca possa trascinare in basso anche la crescita del nostro territorio.
I NUMERI
L’ultimo bollettino l’ha diffuso l’Unione europea due giorni fa, parlando con la voce dell’ex presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. E per il Friuli Venezia Giulia non sono buone notizie. Il prodotto interno lordo della Germania, infatti, è stato rivisto al ribasso per il 2024. La crescita tedesca era prevista allo 0,8 per cento, mentre la stima ora è stata tagliata fino ad arrivare allo 0,3 per cento. Questo farà di Berlino il posto dell’Eurozona con la crescita più bassa. Lo stesso vale per l’area corrispondente all’Unione europea. Di colpo, quindi, il Friuli Venezia Giulia si troverà in una posizione tutt’altro che comoda, cioè appoggiato all’economia più in difficoltà del continente.
LE CONSEGUENZE
Per la prima volta dopo molti anni, il valore delle esportazioni dal Friuli Venezia Giulia alla Germania è sceso al di sotto della cifra simbolo di due miliardi di euro in un anno. Il “salto” è stato compiuto a fine 2023, quando il crollo si è avvicinato al 10 per cento su base regionale, con una forte concentrazione della perdita tra le province di Udine e Pordenone, che sono anche i territori che dialogano maggiormente con la locomotiva d’Europa. Il calo è stato pari a quasi duecento milioni di euro, ma il taglio alle stime del Pil tedesco comunicato dall’Unione europea ora mette a rischio almeno il doppio di quella cifra comunicata alla fine dell’anno. Si viaggia attorno al mezzo miliardo di euro. L’industria tedesca boccheggiante, infatti, potrebbe ridurre la domanda di componenti in arrivo proprio dalla nostra regione. E sarebbe un colpo difficile da assorbire.
L’ANDAMENTO
A livello territoriale Trieste e Gorizia presentano i passivi più pesanti (rispettivamente -14,1% e -9,3%) dovuti essenzialmente all’andamento delle vendite di navi e imbarcazioni (che fa segnare complessivamente -13,4%). La provincia di Udine e quella di Pordenone registrano delle flessioni più moderate (-4,1% e -4,3%). Si può inoltre notare che, anche al netto della cantieristica navale, notoriamente caratterizzata da una forte variabilità, la dinamica del Friuli Venezia Giulia si conferma comunque negativa, sebbene un po’ meno accentuata (-6,5%). Oltre alla cantieristica navale si rilevano delle sensibili contrazioni delle esportazioni di metalli di base e prodotti in metallo (-16%, che comprende la siderurgia) e di quelle dei mobili (-10,5%). Tra i settori dell’economia del Friuli Venezia Giulia che presentano le dinamiche maggiormente positive ci sono al contrario: i macchinari e le apparecchiature (+13,6% rispetto ai primi nove mesi del 2022) e i prodotti alimentari e le bevande (+8,1%). In merito alle destinazioni geografiche dell’export delle imprese regionali, infine, si osservano delle flessioni in corrispondenza dei principali partner commerciali. In particolare, le esportazioni verso la Germania sono diminuite del 9,7% e quelle negli Stati Uniti del 25,5% (un andamento strettamente connesso al settore della cantieristica navale). Anche la Francia (-15%) e l’Austria (-24,5%) mostrano dei passivi consistenti, così come è diminuito il valore delle vendite in Slovenia (-19,7%) e in Polonia (-27,9%, soprattutto a causa della dinamica negativa dei prodotti siderurgici).
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