“Auto, Stellantis da sola non basta. In Italia serve un altro produttore”
«L’Italia è l’unico Paese in Europa con una sola Casa automobilistica. Così, un indotto non può reggere. Per questo dobbiamo lavorare alla nascita di un’altra Casa automobilistica nel Paese». L’affermazione di Adolfo Urso (in foto), ministro delle Imprese e del Made in Italy, apre con decisione un nuovo fronte nel dialogo in corso con le associazioni del settore e i sindacati metalmeccanici. In proposito, per raggiungere l’obiettivo di portare la produzione italiana a oltre 1 milione di auto, è indispensabile un vero «effetto calamita» verso i costruttori esteri, ovvero creare le migliori condizioni per un importante investimento a beneficio di occupazione e filiera. Non è un mistero che si guarda all’americana Tesla, visti anche i buoni rapporti tra Elon Musk e il premier Giorgia Meloni, ma anche alla Cina, i cui colossi dell’auto stanno rapidamente allargando il business in Occidente.
E sono sempre di più i concessionari che firmano mandati di vendita con i «Big» di Pechino, per non parlare della prossima nascita di un grande hub della distribuzione di auto cinesi grazie all’accordo tra Autotorino e Intergea.
«Per arrivare a 1 milione tra auto e furgoni – osserva Gianmarco Giorda, direttore generale di Anfia (filiera italiana automotive) – occorreranno tra 5 e 6 anni. Ma se guardiamo solo alle vetture è necessaria la presenza di un altro costruttore. Il problema è che l’Italia, insieme agli altri mercati piu importanti dell’Europa, ha meno autonomia a dare aiuti ad aziende terze rispetto, per esempio, all’Ungheria, dove la cinese Byd costruiràun grande impianto. E benvenga un cinese anche in Italia, un’opportunitànotevole anche per il nostro indotto. Tesla? Per affrontare il futuro e la domanda in crescita, avràdi certo bisogno di una/due nuove fabbriche in Europa, oltre a quella in Germania dove, tra l’altro, la situazione allo stato attuale non è delle migliori. Da qui, la necessitàitaliana di giocare con forza l’opzione Tesla». Ma affinché la svolta si concretizzi, occorre che l’Italia acquisti competitivitàin fatto di costi del lavoro, dell’energia e della logistica. «Occorre una maggiore certezza delle regole – aggiunge Giorda – e meno burocrazia soprattutto nelle autorizzazioni. Per non parlare dei nodi fiscali a livello locale, come le quote Imu molto elevate rispetto ad altri Paesi. Il conto economico di una fabbrica, quindi, ci vede svantaggiati rispetto anche alla Spagna, che ha attirato numerosi investimenti, e alla Francia. Sempre da noi, inoltre, alla voce energia esistono costi accessori che fanno impennare la bolletta».
News Related-
Le tre dame del latte tra leadership, storie di vita e social
-
Uragano «senza precedenti» si abbatte sulla Crimea, 2 milioni di persone al buio e guerra "congelata"
-
Operai intrappolati in un tunnel in India, i soccorritori sono a 5 metri
-
Discarica abusiva di 3mila mq scoperta alle porte di Milano
-
Grande Fratello, pagelle: Signorini diabolico (6), Greta prevedibile (4); Beatrice discutibile (4), Angelica falsa (4), Rosy guerriera (8)
-
Forfettari 2024, ecco i 3 nuovi obblighi che complicano tutto
-
Roberta Siragusa bruciata viva dall'ex fidanzato: ergastolo confermato a Pietro Morreale. Lui continua a dirsi innocente: «Si è data fuoco da sola»
-
Jannik Sinner. Il Rosso senza eccessi: "Vinco perché mangio con i miei genitori"
-
6 Consigli Affascinanti per Decorare la Tua Casa a Natale, Anche Senza Spazio per un Albero
-
Prezzo della benzina in forte calo da due mesi, i distributori non hanno barato
-
Oroscopo del giorno // Martedì 28 novembre: chiedere consiglio
-
Mulé (FI): “Giudici che decideranno su Delmastro vadano sereni”
-
I veleni nella classe che ha rifatto la Maturità. I genitori della studentessa dell’esposto: «Isolata e messa alla gogna»
-
Occupazioni abusive, l’avvocato: ecco perché la Cassazione ha dato ragione ai proprietari e cosa succede ora