L’ex calciatore inglese Michael Owen parla a cuore aperto davanti alle telecamere della terribile malattia che ha cambiato per sempre la vita del figlio James, destinato a diventare “clinicamente cieco” a causa della sindrome di Stargardt.
L’ex Pallone d’Oro ha voluto raccontare la propria vicenda intima, e della quale, come da lui stesso ammesso candidamente, non ama parlare, con il solo obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul male incurabile che affligge il figlio fin da quando aveva appena otto anni d’età. La malattia di Stargardt, nota anche col nome di distrofia maculare di Stargardt o degenerazione maculare giovanile, è, come si può evincere dallo stesso nome, la forma più comune di distrofia ereditaria della macula, e si caratterizza per una grave disfunzione delle cellule retiniche. Una patologia ad oggi ancora incurabile, per contrastare la quale sono in fase di sperimentazione terapie che contribuiscono esclusivamente a rallentare la progressione dei suoi effetti.
“È una situazione molto difficile… se potessi farlo gli donerei i miei occhi anche domani”, ha dichiarato Michael Owen durante l’intervista,”come ogni genitore, vorrei poter eliminare tutti i problemi”. “A un certo punto però mi sono stancato di rimanere concentrato solo sulla malattia e di pensare ogni momento solo a quella, chiedendomi come le cose sarebbero potute andare se tutto ciò non fosse accaduto…”. “Ora è il momento di essere positivi e di goderci ogni istante insieme, non vorrei spendere il mio tempo in nessun altro modo”, ha aggiunto. “Usciamo insieme, guardiamo le corse in tv, e anche se non riesce a vederle può sempre sentire dalla telecronaca, e così guardiamo anche le partite di calcio”, ha spiegato ancora Owen.
“All’inizio guardavo soprattutto gli aspetti negativi, ora siamo concentrati sulle carte che gli ha servito il destino, perché le usi al meglio”, ha detto l’ex calciatore del Liverpool.”Continuiamo con la vita e ci divertiamo moltissimo. Ho molto di cui essere orgoglioso perché è diventato un ragazzo brillante”. La sofferenza non può sparire del tutto, e comunque non c’è mai voglia di parlare della situazione al di fuori della propria famiglia. “Quando mi chiedono se sia bravo nel giocare a calcio, rispondo che odia il pallone”, ha spiegato ancora. “Ho inventato decine di scuse nel corso degli anni per non affrontare l’argomento, che trovo noioso”, ha ammesso. “Andiamo a letto ogni notte pregando che venga scoperta una terapia, ma preferisco concentrarmi sugli aspetti positivi, come quando devo fare il tassista per lui, e ne sono felice. Ci tiene vicini”, ha concluso l’ex Pallone d’Oro.
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