La first lady accusata di corruzione. Seul sconvolta da una borsa di Dior
Per essere di Dior e costare «solo» duemila dollari deve aver avuto le dimensioni di un portamonete. Forse è questo che indotto in errore Kim Keon-hee, moglie del presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol quando ha accettato il regalo incriminato. Una trappola articolatissima per uno scopo semplicissimo: mettere la coppia presidenziale in cattiva luce con gli elettori che sono già tiepidini nei confronti delle politiche adottate e in generale della condotta dei consorti. Vanno premesse un paio di cose. Intanto che in Corea del Sud una legge vieta ai funzionari pubblici e ai loro coniugi accettare doni superiori a 750 dollari in una volta o a 2.200 dollari per un intero anno. E che all’elegantissima first lady piacciono da matti le griffe e le cose belle. Però adora anche gli animali, a casa ha sei cani e sei gatti e una delle sue principali battaglie è stata la messa al bando del consumo di carne di cane, il che ce la rende già irrimediabilmente simpatica.
Ma tornando al borsetta gate: a piazzare il cavallo di Troia sul tavolo tra sè e la gazza ladra durante un incontro fissato con il marito, era stato Choi Jae-young, un pastore coreano-americano di una chiesa cristiana protestante che è noto per le sue iniziative di riavvicinamento tra Corea del Sud e Corea del Nord. E che già in passato aveva cercato di mettere la condotta della first lady sotto la lente d’ingrandimento del Paese. Choi si sarebbe accordato con un sito vicino all’opposizione, Voice of Seoul, e con loro avrebbe organizzato la trappola. Si è presentato a Kim con una videocamera nascosta nell’orologio e con il lussuoso pacchetto bianco, l’ha piazzato sul tavolo e le ha detto: «È per te». Sembra che la donna abbia anche accennato qualche timido convenevole «Perché continui a comprare queste cose? Per favore non comprare cose così costose». E va anche detto che non ci sono immagini di Kim che arraffa il bottino. Fatto sta che il Korea Herald, un giornale sudcoreano, ha poi confermato che Kim aveva preso la borsa e che l’oggetto è stato «gestito e riposto come proprietà del governo». Lo scandalo sta provocando dibattiti e reazioni politiche, un gruppo civico si è rivolto all’agenzia nazionale anticorruzione per chiedere di avviare un’indagine sulla vicenda, come se non bastasse il 10 aprile in Corea ci saranno le elezioni generali, e lo scandalo sta mettendo in difficoltà il partito del presidente Yoon. E insomma questa benedetta borsetta ha scatenato un finimondo, di più: rischia letteralmente di far rovesciare il mondo. Nemmeno quell’eccentrica sciroccata di Maria Antonietta con vizi, vezzi e croissant aveva creato un tale putiferio e dire che si è accreditata alla storia come il pretesto che ha innescato la Rivoluzione Francese. Ora l’avida Kim, che in passato era stata accusata di plagio della sua tesi di dottorato, di aver gonfiato un po’ le qualifiche nel curriculum e di aver manipolato dati di mercato per guadagnare in borsa, si appresta ad essere la nuova tempesta perfetta. Chissà se la tempesta entra tutta in una Dior…
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