Movida selvaggia a Milano, i residenti fanno causa: "500 euro al mese per i disagi subiti"

Movida selvaggia a Milano, i residenti fanno causa: “500 euro al mese per i disagi subiti”

La movida selvaggia rischia di costare carissima al Comune. Sì, perché, come si legge in una delibera appena approvata dalla Giunta Sala, tre residenti di corso Garibaldi, strada ormai famosa per la battaglia anti-rumore lanciata dagli inquilini del condominio al civico 104, si sono rivolti al Tribunale civile per ottenere il risarcimento del danno subìto “a causa delle immissioni sonore eccessive”. I cittadini hanno anche quantificato il disturbo in termini economici: 29mila euro a testa, vale a dire 500 euro al mese nel periodo compreso tra ottobre 2017 e agosto 2022. Non basta: i residenti hanno pure chiesto ai giudici di costringere Palazzo Marino ad adottare “le misure più idonee per ristabilire al di sotto della soglia di tollerabilità le immissioni sonore con previsione di una penale in caso di ritardo nell’adempimento all’ordine impartito”.

Per il Comune, si legge nel provvedimento datato 11 aprile, le istanze dei cittadini “si palesano inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo, vertendo la controversia sul merito amministrativo nonché per difetto di legittimazione passiva non essendo il Comune di Milano responsabile dei fatti dannosi lamentati”. Di più: “La pretesa risarcitoria risulta altresì infondata poiché il Comune di Milano ha posto in essere una serie di atti e provvedimenti finalizzati a gestire il fenomeno della movida, assicurando, nel rispetto del quadro normativo, il miglior bilanciamento degli interessi coinvolti”.

A tal proposito, i tecnici citano la sentenza del Tar del 2022, che ha ritenuto legittima l’ordinanza sindacale del 2021 “in quanto idonea ad assicurare il soddisfacimento delle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti”. Quella misura è arrivata proprio a valle dell’iniziativa legale degli inquilini di corso Garibaldi 104, che vive un primo importante snodo a fine 2019: il Tribunale amministrativo accoglie il ricorso dei cittadini contro il silenzio opposto dal Comune alla richiesta di “ordinanze contingibili e urgenti” per mettere il silenziatore alla movida, nonostante le rilevazioni dell’Arpa certifichino sforamenti di 22 decibel rispetto al massimo consentito di 55 provocati “dal contributo antropico dei passanti e degli avventori dei diversi plateatici dei locali pubblici”.

A quel punto, l’amministrazione avvia un percorso di dialogo con gli esercenti per trovare una soluzione. Poi arriva il Covid, e il coprifuoco e le restrizioni anti-assembramenti cancellano momentaneamente il problema. Che si ripresenta puntuale nell’estate 2020: i test confermano che non è cambiato nulla. Così a novembre il Comune, ancora incalzato dai giudici, fissa alcuni paletti: niente alcol e tavolini all’esterno da mezzanotte alle 6, solo nei weekend. Troppo poco per i residenti, che ottengono un altro verdetto favorevole nel maggio 2021 e costringono di fatto Sala a un’ulteriore stretta: lo stop viene anticipato alle 22 per l’asporto ed esteso all’intera settimana. Nel frattempo, entrano in scena i convitati di pietra di questa querelle, mai chiamati direttamente in causa: i gestori dei locali. Il 6 agosto, il Tar ne sancisce il diritto a giocare una partita che avrebbe dovuto vederli protagonisti sin dall’inizio.

Nel settembre 2022  i giudici promuovono la stretta del 2021, che a loro parere “riflette il principio per cui il bilanciamento degli interessi “deve rispondere a criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, in modo tale da non consentire né la prevalenza assoluta di uno dei valori coinvolti né il sacrificio totale di alcuni di loro””. In altri termini: il Comune ha trovato il giusto equilibrio tra il diritto al riposo dei cittadini e quello all’esercizio dell’attività economica, alla luce dei livelli intollerabili di decibel.

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